Maderşahî, un tweet per assicurare un "dopo"

Un dopo in faccia a chi voleva scrivere la parola fine. Suruc è una piccola cittadina del sud della Turchia, a pochi chilometri dal confine dalla Siria. La strage del 20 luglio ha ucciso 32 giovani ragazzi curdi. Il kamikaze vicino all'Isis si è fatto esplodere uccidendo 32 persone e ferendone un centinaio. Suruc da mesi ospita migliaia di rifugiati siriani provenienti da Kobane. L'esplosione è avvenuta davanti al Centro culturale Amara, dove erano riuniti centinaia di ragazzi della SGDF, l’Associazione dei giovani socialisti turca.

32 le vittime. Un tweet che ha fatto il giro del mondo, quello della giovane Maderşahî Barajyikan che ha voluto pubblicare il selfie dei ragazzi di Suruc, dopo la strage. Un fermoimmagine per non abbassare la testa davanti al terrore. Volevano portare sostegno, viveri e giochi ai bimbi di Kobane in Siria, li hanno sterminati. Ma il tweet di Maderşahî ha la forza di scrivere un dopo rispetto alla strage in risposta a chi voleva scrivere la parola fine e, contemporaneamente, di alzare il tiro sulle responsabilità del Governo Erdogan.

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