Svetlana Aleksievič, l'umanità e l'inchiesta

Svetlana Aleksievic
Premio Nobel per la letteratura 2015
"E' forse questa oggi la più autentica letteratura", scrive così Claudio Magris nella prefazione al libro "Vittime" di Massimo Nava, riferendosi all'inteso e profondo lavoro di scavo del corrispondente del Corriere della Sera alla ricerca della verità che si cela dietro i più grandi drammi e conflitti della contemporaneità. Ho voluto introdurre con parole italiane, il Premio Nobel per la letteratura 2015 Svetlana Aleksievič. Bielorussa, voce sempre alla ricerca della verità. Per avvicinare la tipologia di letteratura che Aleksievič incarna. Inchiesta giornalistica che fa del tempo passato nei luoghi e tra la gente una chiave determinante. Svetlana è rimasta tre anni nei villaggi di Černobyl'. Diventa sorella degli abitanti, ne riceve la fiducia e ne diventa insuperabile e globalizzata voce. "Il suo strumento d'indagine è l'ascolto, la capacità di stare a lungo, indifesa e modesta, accanto a tante persone comuni", ha scritto Maria Nadotti sul Corriere della Sera a commento del Nobel. Come Nava una voce non allineata alle "verità" diffuse dai media internazionali, una letteratura umana che affonda le proprie radici nell'inchiesta giornalistica.

Ha indagato le pieghe più drammatiche della storia russa sovietica e post-sovietica. Boicottata e poi bandita dalla sua Bielorussia, Svetlana Aleksievic ha vissuto a lungo in esilio forzato. Ma non ha mai attenuato la sua voce di denuncia. Perché in Russia parlare dei crimini di Stalin è ancora un tabù e la vittoria sul nazismo è ancora usata come pretesto per la creazione di un nuovo impero e per la giustificazione di una nuova guerra. Putin – dice Svetlana – ha detto al popolo quello che il popolo voleva sentirsi dire. Ma la popolazione non parla mai di religione né di Putin. E se con la perestrojka in piazza c’erano migliaia di russi, dopo l’assassinio di Anna Poltikovskaja erano solo in 50. Ma la sua voce non si attenua, nemmeno sul disastro di Cernobyl, 30 anni dopo.

A Svetlana Aleksievic è stato assegnato il Premio Nobel per la letteratura 2015. Un mese fa a Mantova ospite del Festival aveva attirato l’attenzione della cultura italiana e internazionale. “Per me non è tanto importante che tu scriva quello che ti ho raccontato, ma che andando via ti volti a guardare la mia casetta, non una ma due volte”. La voce della contadina bielorussa, vittima dell’utopia comunista, che affidava la sua disperazione a Svetlana, non ha mai smesso di crescere. Cernobyl, il modello comunista, le guerre intestine. Sempre scomoda la verità, in Unione Sovietica come nella Russia di Putin e degli oligarchi del gas. L’Accademia svedese ha premiato la Aleksievic per la “sua polifonica scrittura nel raccontare un monumento alla sofferenza e al coraggio dei nostri tempi”. Con il Premio Nobel alla Aleksievic, il pensiero non può non tornare ad Anna Poltikovskaja, che pagò con la vita la ricerca della verità nella Russia di oggi.


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